Tornatore a Messina, cinema tra ricordi ed emozioni
Raccontare l’incontro di Giuseppe Tornatore con il pubblico di Messina, venticinque anni dopo quello “storico” alla Saletta Milani, nell’unica città che aveva accolto con successo la prima uscita di “Nuovo Cinema Paradiso”, raccontarlo in forma di cronaca distaccata è impossibile.
Perché Tornatore riesce ad essere cinema, nel senso di narrazione, poesia, sguardo, quello sguardo intenso, curioso e sornione che è del suo cinema e dei suoi occhi: è emozione, ma anche semplicità. Quella con cui si rapporta alla stampa, ma anche ai singoli cittadini che vogliono salutarlo, fare una foto con lui, chiedere un autografo; quella, emozionante appunto, con cui incontra, illuminandosi in viso, gli ultimi proiezionisti della città, che gli raccontano velocemente “pezzi” della loro vita.
E poi quel bagno di folla che lo avvolge letteralmente all’Auditorium della Gazzetta del Sud, dopo quello della mattina all’Università: è il regista premio Oscar che si siede al tavolo dei relatori, ma a parlare è subito l’uomo che con i suoi film è riuscito a trasmettere “cinema”, e quelle emozioni che riesce a ricreare con le sue parole.
In quelle parole c’è il suo cinema: c’è il realismo, c’è il sogno, c’è l’ironia, c’è l’aneddoto, c’è l’amarezza che lascia il posto alla gioia, c’è la riflessione e la grande emozione, la semplicità e la grandezza che vanno a braccetto. E la gente lo avverte, non ci sono filtri: come il suo cinema che arriva immediatamente, pur se lo puoi leggere a vari livelli. Le parole, così come le sue immagini, riescono a coinvolgerti, a portarti dentro un racconto, dentro una storia, senza nemmeno accorgertene.
Come quando descrive quel giorno di 25 anni fa: quando decise di venire a Messina, per capire come mai in riva allo Stretto “Nuovo Cinema Paradiso” aveva fatto un incasso stratosferico, in proporzione al resto d’Italia, dove invece il film non era andato bene. E così Messina si lega indissolubilmente al destino di questa pellicola: perché non era andata bene? Se a Messina aveva incassato 72 milioni su un totale di poco più di 100, qualcosa di buono – racconta Tornatore – doveva pur esserci. Contribuì anche l’azione dell’esercente del cinema Aurora: “mi dissero che Giovanni Parlagreco, cui il film era piaciuto molto, aveva studiato una sorta di forma di promozione: entrate senza pagare, se vi piace pagate all’uscita, se non vi piace ve ne andate”. Ma quest’ultima ipotesi non si verificò…
Dunque, anche grazie al successo di Messina, produttori, distributori, il regista stesso, si interrogano sul perché di questi diversi andamenti ed iniziano a chiedersi cosa non va: “facemmo un’autoanalisi: la cosa che maggiormente veniva detta era che il film era troppo lungo” (in origine durava circa due ore e 30), alcuni critici (esclusi naturalmente i tre che ne parlarono bene, Franco Cicero, Valerio Caprara e Morandini) puntavano il dito soprattutto contro la seconda parte (ma, ricorda Tornatore, proprio a Messina, uno spettatore mi chiese: “ma perchè criticano la seconda parte? Io ho iniziato a vedere il film dal secondo tempo e mi è piaciuto. Poi ho visto il primo e mi è piaciuto meno: perché non inverte e fa iniziare il film dalla seconda parte?”).
Il regista difende il suo film, ma decide di raccogliere la “sfida” e di accorciarlo, tagliando di netto la parte in cui il protagonista incontra nuovamente, dopo tanti anni, il suo primo amore. “Nuovo Cinema Paradiso” torna in sala, ma – precisa Tornatore – non andò molto meglio. Poi però arriva Cannes: e da lì il suo destino cambia, fino all’Oscar. Giocò probabilmente il cambio di prospettiva, l’attenzione diversa che provenne da quei contesti, dal pubblico e dalla critica, ma da allora, aggiunge il regista, si scrisse che il film aveva avuto successo perché era stato tagliato. Quello che è certo è che Messina avrà per sempre un ruolo in questa storia, “è rimasta il simbolo della rinascita del film”, una sorta di “favola” che ricorda quei sogni che l’autore siciliano riesce sempre a ricreare sul grande schermo. Come ha evidenziato anche il sindaco di Messina, la grande capacità di far sognare che ha Tornatore, dedicandogli la frase di Fellini che lo stesso Renato Accorinti ha stampato sul suo biglietto da visita: “l’unico vero realista è il visionario”.
Quel sogno che Ninni Panzera – segretario generale di Taormina Arte, nonché animatore di quella Saletta Milani che 25 anni fa sancì il successo di Tornatore, ed oggi promotore di questo nuovo incontro con “La Zattera dell’Arte”, che a breve realizzerà anche una mostra per lo speciale compleanno di “Nuovo Cinema Paradiso”, ed intende portare avanti il progetto di un archivio relativo all’autore – ha racchiuso, insieme al giovane regista Fabio Schifilliti, in un filmato che ha aperto la serata: i tanti film di Tornatore diventano uno solo, in cui, senza soluzione di continuità, scorrono pellicole, locandine, occhi dietro una fessura, sguardi, volti, partenze in treno, corse, luoghi, per finire riannodando ancora una volta il legame con Messina, attraverso immagini, citazioni e attori.
Si inizia con le emozioni: e si prosegue, con i racconti e le parole di Tornatore. Che divengono lezioni di cinema, sull’importanza del linguaggio come discriminante di stile, di racconto; sulla necessità della varietà di linguaggi e di racconti, di generi, affinchè una cinematografia possa definirsi tale e non confinarsi in un singolo modo di esprimersi: ovvero, ogni film va fatto con lo sguardo che il film impone (“quando si segue solo una strada, si commette un suicidio”). L’architettura di uno sguardo, seguendo il titolo dell’incontro, si basa su questo. Su quello che significa il cinema. Quello che attinge dalla storia, che guarda inevitabilmente ai grandi, quei grandi che – rimarca il regista – i giovani dovrebbero conoscere. Un cinema che per molti non può prescindere da quella saletta del Nuovo Cinema Paradiso dove, insieme a Tornatore, i sogni di tanti sono nati