I 20 anni del Commissario Montalbano: la serie che ha cambiato la tv

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Dal 1999 la tv non è più la stessa. Dal 1999 la fiction è cambiata. Ed è un dato innegabile: il Commissario Montalbano compie vent’anni, anni in cui ha innovato, rivoluzionato il concetto di fiction, introducendo anche un nuovo concetto, quello di cineturismo. Già con altre serie, a partire da “Un posto al sole”, il legame tra tv e territorio si era rinsaldato, portando ad un rinnovato interesse nei confronti dei luoghi in cui queste fiction sono state ambientate; ma è con Montalbano che il fenomeno esplode anche a livello internazionale. Per la prima volta, durante un convegno, sentii raccontare, dall’allora direttore di Raiuno, di chiamate che arrivavano alla Rai per sapere dove questa serie venisse girata, con richieste perfino dalla penisola scandinava! Era come l’aprirsi di un mondo, quella internazionalizzazione oggi tanto sbandierata, ma in realtà iniziata – e proseguita con la vendita di questo prodotto in ben 60 paesi – proprio con le avventure di questo personaggio insolito per la tv italiana.

Non che la televisione fosse nuova a racconti di commissari e investigatori di ispirazione letteraria: ma sulle reti generaliste non era mai apparso un personaggio così sfaccettato, apparentemente burbero, ma umano, capace di aggirare le regole per difendere gli ideali di giustizia, imperfetto, ma granitico nelle sue convinzioni. E non per questo immobile in questa costruzione: a chi oppone a questo successo la critica di una eccessiva caratterizzazione dei personaggi, la risposta è da ricercare invece in una evoluzione, una crescita che però non distrugge l’essenza del personaggio, cosa che d’altra parte avviene in tutte le serie, a partire da quelle – osannate – americane: con la differenza che qui, pur restando il personaggio un iconico punto di riferimento per lo spettatore (come deve essere), nella sua letterarietà evolve, matura, cresce. Fermo restando che si tratta comunque di piccoli film, ovvero di episodi che possono essere presi a sè stante, senza una consequenzialità di narrazione orizzontale, tranne per qualche particolare (ad esempio la storia di Francois, il piccolo migrante adottato poi dalla sorella di Mimì, o quella che poi porterà lo stesso Mimì al matrimonio).

Anche questa costruzione narrativa è una novità. Così come il tentativo di trasporre un nuovo linguaggio letterario, una lingua quasi inventata da Camilleri, in linguaggio televisivo. E ancora, la perfetta unione tra sceneggiatura, location, regia e musica, che si incastrano creando un unicum, piccoli film, appunto, in cui tutto funziona fin nel più piccolo particolare. Un successo creato con attori all’epoca poco noti al grande pubblico, provenienti dal mondo teatrale, come succedeva agli albori della Rai (e come continua adesso, con guest star o interpreti di episodi che sono grandi protagonisti del teatro italiano, ad esempio Pia Lanciotti); senza contare l’utilizzo di decine di grandi attori siciliani, nei ruoli di contorno o nei camei, bravissimi professionisti che hanno avuto la ribalta che meritavano.

E poi la Sicilia: una Sicilia televisivamente inedita, in alcuni casi fuori dai circuiti turistici, che si riscopre e viene riscoperta, che acquista una sua valenza nella storia pur essendo completamente diversa dalla Sicilia descritta nei romanzi. Ma diviene la Sicilia di Montalbano ed è strettamente legata al racconto, inscindibile dall’essenza, dalla personalità del Commissario, dell’uomo. Non è folklore, non è oleografia, non è cartolina: è un elemento del racconto, linguaggio cinematografico, è luogo catartico, è motore dell’azione, è salvezza e mistero, crea il sentimento della storia, ben oltre l’emozione o la suggestione. Per la prima volta un territorio (più territori in realtà, come è noto) diventa vero protagonista in tv. E oltre lo schermo, divenendo meta di turisti da ogni parte del mondo, alla ricerca dei luoghi di Montalbano e forse di una storia, di un universo in cui immergersi. Come affermato dalla direttrice di Raifction in un’intervista a Tv Sorrisi e Canzoni, Eleonora Andreatta, “è questo il gioco vincente della fiction: esaltare, attraverso un patrimonio fortemente identitario e connotato sul piano storico, culturale e ambientale, un sentimento narrativo universale, capace di portare il nostro prodotto in tutto il mondo”.

Montalbano è, dunque, tutto questo e anche molto altro: è innovazione, è cultura, è recitazione di livello, è prodotto di qualità, è immediatezza e popolarità che incontrano il racconto alto, è strumento di narrazione della realtà e superamento degli stereotipi. Insomma, da 20 anni – molto prima di amiche geniali o serie tutto sesso e violenza – la tv non è più la stessa: grazie a Montalbano.