La Calabria e l’universalità di un territorio nel film “Il paese interiore”
Un modo differente di guardare alla Calabria, di descriverla. E soprattutto di parlarne per immagini: dove l’immagine non è mai didascalica, non sottolinea, ma evidenzia quella metafora che il paese rappresenta, “ogni luogo contiene il mondo”. E’ il modo di leggere la Calabria che traspare da Il paese interiore, il mediometraggio scritto e diretto dal giornalista Luca Calvetta (che da anni si occupa della parte culturale e di approfondimento del programma diMartedì, condotto da Giovanni Floris), con la fotografia e il montaggio di Massimiliano Curcio, e che si ispira all’opera dell’antropologo Vito Teti.
L’universalità di un territorio, dunque, questa capacità del luogo (di quelli del sud in particolare) di contenere in sè ogni tempo e ogni spazio, ogni contrasto che poi riflette quello interiore dell’uomo, è al centro della visione moderna del cinema, del suo rapporto con i territori: come ripetiamo da tempo, il paesaggio, il territorio, non solo cartolina e il luogo non solo immagine di un aspetto, ma insieme di contrasti e di voglia di rinascita, che il luogo stesso riflette.
Immagini che sostengono le parole e viceversa: è come se Il paese interiore fosse riuscito a tradurre per immagini le parole di Vito Teti (che appare nel corto, ma mai intervistato, così come quasi tutte le persone ritratte: i loro pensieri, le loro riflessioni riecheggiano attraverso la voce narrante, quella – dalla straordinaria capacità affabulatoria – di Ascanio Celestini). La storia, le scelte, il modo di guardare ai luoghi dell’antropologo si riflettono con profondità in questo medioometraggio, che sceglie uno stile visivo che va oltre il documentario, la testimonianza, per cogliere l’anima del luogo stesso. Anche in questo, alcune immagini sembrano rimandare a quelle delle opere di Michelangelo Frammartino, che nel paesaggio, nei territori della Calabria vede una fonte di linguaggio cinematografico e negli stessi territori legge le fasi della vita dell’uomo, con realismo e poeticità al tempo stesso. Chi, come gli autori, conosce bene questi luoghi, sa ritrarli in profondità e cogliere quell’anima sospesa che li caratterizza.
Un lavoro, quello di Luca Calvetta e Massimiliano Curcio, da vedere e rivedere, rileggendo Teti e pensando a De Seta.